Tutte le persone affascinanti hanno qualcosa da nascondere: di solito la loro totale dipendenza dall’apprezzamento degli altri.

Cyril Connolly, Enemies of Promise, 1938

Possedere vuol dire dipendere da qualcosa e da qualcuno.”

Dacia Maraini

Dover dominare gli altri significa avere bisogno degli altri. Il capo è un dipendente.

Fernando Pessoa, Il libro dell’inquietudine, 1982 (postumo)

Eccoci arrivati al quarto Specchio Esseno.   Riepilogando:

  • Primo Specchio ci rimanda ciò che siamo: Vediamo e critichiamo negli altri, cose e responsabilità che ci riguardano.
  • Secondo Specchio ci rimanda ciò che noi giudichiamo nel momento presente: Aspettative tradite e identificazione con le cose.
  • Terzo Specchio ci mostra le qualità che avevamo e abbiamo perduto o alle quali abbiamo rinunciato: Pensavo fosse… invece.
Il Quarto Specchio Esseno dei rapporti umani ha una qualità un po’ diversa.
Può accadere che nel corso della nostra vita adottiamo modelli di comportamento che diventano talmente importanti da condizionare il resto della nostra vita per accoglierli.

Si tratta di comportamenti compulsivi che creano dipendenza. Questo specchio, ci permette di osservare noi stessi in uno stato di dipendenza e compulsione.

Attraverso questo stato noi rinunciamo lentamente alle cose cui teniamo di più.

Non si riferisce specificamente a dipendenze quali l’alcool, il fumo o da sostanze tossiche, che ovviamente lo sono per eccellenza, ma a tutti quei comportamenti sottili quali:

  • l’esercizio del controllo sia in ambito professionale che familiare;
  • la dipendenza al sesso, dal possedere o produrre denaro oltremisura,
  • lo shopping sfrenato… tutti esempi di compulsione e dipendenza
  • .

Per alimentare una o più di queste dipendenze, necessariamente dovremo rinunciare ad altre parti della nostra vita sia di relazione sia personale.

Questo modello ha un tratto positivo, si palesa facilmente e, a ogni stadio, si può intervenire prima di arrivare al dramma.

Può essere riconosciuto, curato e guarito in modo da riprendere il controllo della nostra vita.

Ogni tipo di dipendenza è cattiva, non importa se il narcotico è l’alcol o la morfina o l’idealismo.

Carl Gustav Jung

L’esempio che porta Gregg Braden, riguarda il membro di un’equipe che aveva raggiunto il rango di Corporate American.

Alla domanda: “Come ha fatto a raggiungere questa posizione? Che cosa è successo nella sua vita affinché lei arrivasse a ricoprire un posto di potere e di controllo così prestigioso?

L’uomo rispose, molto consapevolmente, guardando tutti negli occhi: “Per arrivare dove sono oggi, ogni volta che sono salito di un gradino, ho dovuto rinunciare a una parte di me stesso. Ben presto ho capito che avevo rinunciato a tutto ciò che mi era caro: i miei amici, la mia famiglia (mia moglie ed io siamo divorziati, i miei figli ed io non ci parliamo nemmeno più). Per me valeva la pena farlo, perché lo scopo della mia vita era di esercitare questo potere e controllo”.

Quindi l’uomo ne era consapevole… Tendiamo a mettere in atto dei compromessi e per sopravvivere cediamo in cambio parti di noi stessi.

 
Bene, proviamo ad approfondire ancora un po’!;
Spesso per dare sfogo alle nostre repressioni, ci tuffiamo a pesce in mille attività fino a farci risucchiare dimenticando i doveri che abbiamo nei confronti delle persone che fanno parte della nostra vita.

Questo specchio evidenza la nostra avarizia nei confronti del mondo cui facciamo parte, così come il bisogno che abbiamo di accumulare, di fare scorta, di possedere.

Il non accontentarsi mai; quando hai qualcosa non ti basta, ne vuoi subito un’altra e un’altra ancora…

Spesso le dipendenze nascono da una scelta iniziale che soddisfa, ma della quale nel tempo non puoi più fare a meno; il fatto che queste riguardino il lavoro, piuttosto che l’alimentazione o il fumo non le rende meno pericolose o patologiche.

Conosco bene questo specchio e trovo non sia così facile accorgerci della dipendenza, prenderne coscienza e mettere in atto un cambiamento, ma non impossibile.

Ho un esempio concretamente efficace da raccontare e cioè come ho smesso di fumare definitivamente, nove anni fa.

Come ho fatto?

Prima di tutto ho dovuto superare le argomentazioni tipo: non fumo molto, in fondo mi piace, lo trovo rilassante, di qualche cosa bisogna pur morire… e la lista potrebbe continuare all’infinito, siamo così bravi a trovare argomentazioni a sostegno dei nostri comportamenti… la realtà era, che se scoprivo di avere solo un paio di sigarette nel pacchetto, dovevo trovare subito un distributore, un tabacchino… se decidevo di diminuire la quantità giornaliera, era come vivessi solo per arrivare al momento deputato al fumo della sigaretta successiva.

Avevo scelto un giorno di fumare, un giorno!

La domanda che mi feci a quel punto fu:

Vuoi delegare la tua serenità a una sigaretta? Vuoi permettere a pochi grammi di tabacco di decidere le tue priorità?

Mi disturbava tantissimo la risposta…

La storia del “posso smettere quando voglio” è proprio una bella storia ma se non ti impegni a mettere in atto un cambiamento e hai una motivazione forte, reale, e importante, sarai recidivo.

Ero a Vicenza, stavo facendo un percorso formativo di PNL (Programmazione Neuro Linguistica) stavamo lavorando sul conseguimento di un obiettivo da collocare in una time-line (un percorso temporale).

Quale obiettivo migliore di smettere di fumare?

Non avevo più scuse, se volevo interrompere quella dipendenza, la vita mi dava un’ottima opportunità, farlo in modo strutturato, concreto e serio.

A quel punto feci leva su: volontà, ambizioni e soprattutto orgoglio. Ricordo di aver pensato ad altri obiettivi che avevo superato o che volevo conseguire e mi chiesi:

Ma come puoi pensare di conquistare obiettivi così ambiziosi se non sei neppure capace di dire NO a una sigaretta?

Da quel momento mantenni viva quella domanda per il tempo necessario a gestire la dipendenza e nell’arco di poche settimane il peggio era passato!

Questa strategia l’ho usata anche in altri ambiti e ha funzionato; vale per me e non è detto che possa valere per altri, ma il principio essenziale è che a volte la sola volontà non è sufficiente, va supportata con argomentazioni che solo noi possiamo ritenere valide per noi stessi.

Confutare ogni alibi, creare valide ragioni a sostegno e agire di conseguenza, soprattutto non abbassare immediatamente la guardia, ci vuole un po’ di tempo per sostituire tutti gli automatismi.

Principalmente le dipendenze sono legate alle abitudini, che equivalgono a “non presenza”. Il cambiamento prevede una presenza a noi stessi “attiva” e richiede tempo e costanza per essere metabolizzato.

In sintesi è importante che prendiamo coscienza del fatto che ogni dipendenza è qualcosa che ci allontana da noi stessi fino a farci sentire degli estranei; dei burattini i cui fili sono mossi da quelle “scelte” che noi inizialmente avevamo messo in atto e che poi si sono ritorte contro.

Quelle scelte prima di diventare croniche, vanno individuate e accettate prima di essere interrotte, tutto questo prevede una grande onestà con noi stessi.

È gratificante superare una dipendenza, riabilita la percezione che si ha di noi stessi e migliora la propria autostima.


 
… al prossimo specchio!
L’uomo di fede, il “credente” di ogni specie, è necessariamente un uomo dipendente − un uomo che non può disporre se stesso come scopo, che non può in generale disporre scopi derivandoli da se stesso.

Il “credente” non si appartiene, egli può essere soltanto un mezzo, egli deve essere usato, sente la necessità che qualcuno lo usi.

Friedrich Nietzsche, L’Anticristo, 1888