Siamo liberi.
Friedrich Salomon Perls
Che cosa intendo per tradimento?
In questa particolare accezione mi riferisco alla mancata risposta a un’aspettativa che ci eravamo creati nei confronti di una persona a cui avevamo dato fiducia (anche se avevamo fatto tutto noi, da soli, casting e sceneggiatura…)
Facciamo un esempio: Scegliamo qualcuno per fare qualcosa…
immaginiamo che lo debba fare in un certo modo, lui invece agisce diversamente compromettendo il risultato che c’eravamo prefissi di conseguire!
Lui diventa il responsabile, e noi?
Che ruolo abbiamo in questa situazione?
La prima: critichiamo e giudichiamo il suo lavoro. In questo caso porremmo tutte le nostre energie sul mezzo dimenticando il fine. Non siamo liberi, e diventiamo vittime!
La seconda: valutiamo la nostra scelta e senza perdere di vista l‘obiettivo, prendiamo atto che la nostra scelta non era ottimale e ne facciamo un’altra, sempre mantenendo il focus sul risultato finale. In questo caso l’attenzione rimane sul fine, cambiamo il mezzo e memori della scelta poco felice precedente, ne faremo una migliore… Siamo liberi e diventiamo giocatori!
Nel primo caso si tratta di un controllo che abbiamo bisogno di esercitare sugli altri!
Nel secondo agiamo in autonomia e con responsabilità.
Il giudizio che metteremo in atto al momento del “tradimento” ci servirà a spingere chi ci ha tolto energia a rendercela, pena la nostra incapacità di sopravvivere.
Se vuoi avere pieno possesso della tua vita, devi essere ideatore e artefice delle tue idee, agendo con serenità e pienezza.
Possiamo inoltre affermare che la serenità non può dipendere da cause esterne e che quindi serenità (dipende da me) e aspettativa (dipende dagli altri) non possono andare d’accordo.
Puoi sentirti sereno se la tua vita dipende da decisioni altrui?
Rimanere nella critica della persona che ci ha “traditi” diventa quindi un’inutile perdita di energia, che alimenta esclusivamente giudizio e critica. Se vogliamo continuare a perseguire il nostro obiettivo ci dobbiamo inevitabilmente allontanare dalla fame emozionale da criticismo.
Quello che fa emergere questo specchio è l’incapacità di riconoscerci abilità creative, significa anche che, per stare bene, ci dobbiamo allontanare dal bisogno di controllare gli altri.
In realtà non lo è per niente, ci troviamo quotidianamente invischiati in dinamiche di questo tipo sia per educazione e cultura sia per convinzioni e credenze.
Il nocciolo della questione sta nell’eccesso di energia spesa ad alimentare un’emozione; il distacco dalle cose, l’osservazione esterna, l’oggettività e l’assenza di giudizio critico hanno il potere di ridimensionare il tutto.
Il paradosso, che si può riassumere in “chi disprezza compra”, è che la continua critica verso qualcosa può portare a un’identificazione con l’oggetto della critica: criticavi i disonesti? Poi lo diventerai anche tu, ricadendo così dal secondo al primo specchio Esseno.
In altre parole più insistiamo nell’emozione di questo specchio più è probabile che diventiamo ciò che abbiamo criticato.
Quando ci accorgiamo che stiamo per lasciarci travolgere da un’emozione negativa, il primo passo sarà fermarsi, smettere di giudicare gli atteggiamenti che non ci piacciono (motivo per il quale, tra l’altro si presentano nella nostra vita), osservare, capire che ruolo abbiamo noi in tutto questo e, in ultima analisi, scegliere il nostro ruolo: vittima o giocatore?
… al prossimo specchio!