da Wikipedia
Nel corso della cura psicoanalitica, si dà il nome di resistenza a tutto ciò che negli atti e nel discorso dell’analizzando, si oppone all’accesso dei contenuti inconsci alla coscienza. Per estensione, Freud ha parlato di ‘resistenza alla psicoanalisi’… La resistenza è in sintesi, sia quella conscia voluta dal paziente che soprattutto quella inconscia, la forza che si oppone al lavoro analitico, alla guarigione e al superamento della nevrosi, quasi che il paziente “volesse” restare a convivere col proprio male… Si può affermare che l’impatto con le resistenze sia, a tutt’oggi, il principale ostacolo alla riuscita della cura psicoanalitica.
Il termine abitudine viene usato per indicare sia le attività motorie, sia le attività mentali, che dopo numerose ripetizioni vengono svolte in modo relativamente automatico o, più semplicemente, con maggior facilità e coordinazione.

La prima volta che guidiamo una macchina, niente ci può distogliere dalla guida; poi nel tempo guidare diventa un automatismo, una abitudine e quindi oltre a condurre il veicolo, guardare la strada, osservare l’ambiente, ascoltiamo la musica, parliamo al telefono …

Un movimento di Viet Tai Chi per essere impresso va ripetuto 3.000 volte (così dice il mio maestro) prima di diventare un automatismo e far diventare la pratica una meditazione in movimento.

L’inizio di un’abitudine è come un filo invisibile, ma ogni volta che ripetiamo l’azione rinforziamo quel filo, vi aggiungiamo un filamento, finchè esso non diventa una grossa fune che ci lega definitivamente, pensiero e azione…” O.S. Marden
Praticare l’abitudine in generale, nella nostra vita, fa si che deleghiamo al pilota automatico, il governo della nostra esistenza e noi ci sediamo comodamente nel sedile posteriore della nostra macchina. Per poter prendere il comando della nostra vita dovremmo lottare quindi con un amico/nemico l’abitudine, ogni qualvolta decideremo di scegliere e non di lasciare che sia lei a condurci, dovremmo resistere alle sue tentazioni, ai suoi ricatti, alle sue manipolazioni.

La nostra amica abitudine ci ha allestito una zona molto confortevole, uno spazio in cui ci sentiamo completamente a nostro agio, sicuri e rilassati.
Sappiamo sempre cosa succede, nessun imprevisto, la solita strada, il solito bar, le solite facce rassicuranti, potremmo chiudere gli occhi e nessun ostacolo si potrebbe frapporre sul nostro cammino.

La meraviglia si esaurisce quando ci accorgiamo che intorno a noi c’è una gabbia, dorata e pur sempre gabbia, che ci protegge ma nello stesso tempo ci preclude ogni possibilità di metterci in gioco, di rischiare, di capire se quello che stiamo vivendo ci piace ancora, oppure no.

Ci sono relazioni di coppia o di amicizia da tempo esauriti ma che vengono portati avanti per abitudine e per paura del cambiamento; o lavori che non sopportiamo più ma piuttosto che rimetterci in gioco, lasciamo che ci spengano, professionalmente parlando.
Oppure comportamenti che fino ad oggi ci hanno aiutato, ma sono ormai diventati un ostacolo che continuiamo a non voler modificare.

Se ci fermiamo per un momento e osserviamo la vita di questo essere (l’abitudine nel tempo è diventato un essere che vive accanto a noi) ci accorgiamo che in fondo la sua nascita ha avuto un senso per noi, forse quello che non le abbiamo consentito è stato di crescere con noi, di evolversi a sua volta e modificarsi in funzione dei nuovi bisogni.

Quello che sarebbe utile fare non è eliminarla completamente, bensì consentirle di diventare un consigliere anziché un dittatore, imparare a discernere il ruolo che ha nella nostra vita; individuare quelle potenzianti, utili da quelle che ci allontanano dalla nostra evoluzione.

Va detto che noi esseri umani amiamo soffrire, quindi sfidiamo la resistenza al cambiamento ad un millesimo dalla rottura della corda che stiamo tirando.
Adesso o mai più, ci piace tanto!

Ho smesso più volte di fumare nella mia vita, ma quella risolutiva è stata quando non smettere, avrebbe messo in discussione pesantemente il mio orgoglio.
Ricordo di essermi detta: come posso pensare di conseguire un obiettivo così ambizioso se non riesco a dire no ad una sigaretta.

Tutto sommato è stato più facile che in precedenza, volevo qualcosa e la motivazione era importante, molto importante.

Sono particolarmente interessata a questo argomento mio figlio Martino, croce e delizia della mia vita, è Presidente dell’associazione “resistere fino alla morte”.
Da buon autistico basa la sua vita su abitudini, le abitudini sono rassicuranti, si può tranquillamente estraniarsi, continuare a vivere nel proprio mondo, se intorno le cose rimangono come sono, se il corpo fisico così fastidioso, non chiede troppa presenza.
Beh ha trovato pane per i suoi denti, io per natura non posso fare due volte il risotto allo stesso modo; i mobili in casa si girano dopo un po’, le case si cambiano, le macchine pure; trovo molto eccitante l’attimo che precede il nuovo che sto incontrando.
Abbiamo trovato un compromesso, io non devo proporre una cosa più di un paio di volte, altrimenti diventa una abitudine (altro che 3000 volte) in modo che non si sieda troppo.
Ogni resistenza ci rende duri, inflessibili, alimenta la paura e ci nega la possibilità di esercitare l’arte della meraviglia che si esprime in ogni nuovo incontro, sia di persone che di situazioni.
Gli uomini nascono teneri ed elastici
ma al momento della morte sono duri e rigidi.
Le piante sono tenere e flessibili,
ma quando muoiono diventano fragili e secche.
Chiunque sia rigido e inflessibile è discepolo della morte
Ma tutti colori che sono teneri ed elastici sono discepoli della vita.
Il duro e il rigido verranno spezzati.
Solamente le persone tenere e flessibili sopravviveranno.

Lao Tzu, Tao Te Ching