Il pomeriggio della vita, è un tempo della vita di un essere umano, un tempo che può portarci a guardare alla vita, con occhi nuovi.
È un tempo in cui probabilmente smettiamo di correre, e ci concediamo la possibilità di comprendere il senso dell’esistenza umana in genereale e in particolare della nostra vita.
Abbiamo un vissuto e abbiamo un futuro che, a questo punto, possiamo scegliere come vivere; ci chiediamo se ad oggi abbiamo interpretato la nostra vita come veramente volevamo o se ci siamo lasciati condizionare da credenze, convinzioni altrui.

Certo possiamo continuare a farci trascinare dalla corrente senza ascoltare quel brontolio interiore che si manifesta sempre più spesso, oppure scegliere di uscire e metterci in ascolto per decidere ora, cosa sia veramente importante per noi.
In qualche modo uscire dalla mischia ti permette una visione delle cose più ampia;
Ti concede di guardare senza essere troppo coinvolto, come guardare il film della nostra vita come spettatore invece che attore.

Quando siamo pronti ad affrontare un cambiamento, la vita ci mette a disposizione strumenti e quant’altro possa esserci utile; due sono gli spunti che ho ricevuto in questi giorni:
uno riguarda il ruolo di genitore, della relazione che instauriamo con I nostri figli e che crescendo, inevitabilmente cambia.

Mi ha fatto riflettere leggere queste righe:

Se un giorno mi vedrai vecchio:
se mi sporco quando mangio e non riesco a vestirmi… abbi pazienza, ricorda il tempo che ho trascorso ad insegnartelo.
Se quando parlo con te ripeto sempre le stesse cose, non mi interrompere… ascoltami, quando eri piccolo dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia finché non ti addormentavi.
Quando non voglio lavarmi non biasimarmi e non farmi vergognare… ricordati quando dovevo correrti dietro inventando delle scuse perché non volevi fare il bagno.
Quando vedi la mia ignoranza per le nuove tecnologie, dammi il tempo necessario e non guardarmi con quel sorrisetto ironico ho avuto tutta la pazienza per insegnarti l’abc;
quando ad un certo punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso… dammi il tempo necessario per ricordare e se non ci riesco non ti innervosire: la cosa più importante non è quello che dico ma il mio bisogno di essere con te ed averti li che mi ascolti.
Quando le mie gambe stanche non mi consentono di tenere il tuo passo non trattarmi come fossi un peso, vieni verso di me con le tue mani forti nello stesso modo con cui io l’ho fatto con te quando muovevi i tuoi primi passi.
Quando dico che vorrei essere morto… non arrabbiarti, un giorno comprenderai che cosa mi spinge a dirlo. Cerca di capire che alla mia età non si vive, si sopravvive.
Un giorno scoprirai che nonostante i miei errori ho sempre voluto il meglio per te che ho tentato di spianarti la strada.
Dammi un po’ del tuo tempo, dammi un po’ della tua pazienza, dammi una spalla su cui poggiare la testa allo stesso modo in cui io l’ho fatto per te.
Aiutami a camminare, aiutami a finire i miei giorni con amore e pazienza in cambio io ti darò un sorriso e l’immenso amore che ho sempre avuto per te.

Ti amo figlio mio.

Una lettera bellissima, che mi tocca profondamente, la prima volta che l’ho letta è stato come ricevere un pugno sullo stomaco, quindi un messaggio forte da sviscerare.

Siamo genitori e siamo stati figli, abbiamo vissuto consapevolmente il ruolo di figlio? Abbiamo compreso quello che stava loro accadendo? C’è stato un momento in cui abbiamo visto le loro difficoltà e abbiamo pensato che un giorno sarebbero potute essere le nostre?

Ma soprattutto quando arriva il momento, nella nostra vita, deputato alla rielaborazione, alla retrospettiva, che ti consente di lasciare quello che non è più utile e trasformare il resto; per usare una metafora tecnologica, se vogliamo rimanere connessi con il resto del mondo (macro o micro) dobbiamo aggiornare le applicazioni, i programmi, comprendere un nuovo linguaggio; non possiamo cambiare l’hardware – forse migliorarlo, averne cura e mantenerlo più possibile efficiente – potremmo essere un po’ più lenti, ma rimarremmo connessi.

Sto vivendo l’autunno della mia vita e mi disturba pensare che ci possa essere un giorno in cui invece che vivere, sopravviverò, forse il pugno sullo stomaco riguarda proprio il divenire, che volenti o nolenti ci spaventa. A volte preferiamo volgere lo sguardo altrove, pensando che non ci riguardi, oppure facciamo gli struzzi, occhio non vede, cuore non duole.

Il secondo spunto mi è arrivato da Wyaine Dyer, attraverso un film-documentario
“the shift” – il cambiamento – il monologo iniziale recita:

Del tutto impreparati, entriamo nel pomeriggio della nostra vita. Peggio ancora, lo affrontiamo partendo dal falso presupposto che le nostre verità i nostri ideali ci saranno d’aiuto, come hanno fatto finora. Ma non ci è possibile vivere il pomeriggio della nostra vita seguendo il programma del suo mattino. Perchè ciò che è grande al mattino, sarà piccolo la sera. E le verità del mattino diventeranno le falsità della sera”.

Cosa potrebbe significare? Per esempio che salire una montagna comporta un tipo di strategia che quasi sicuramente non potrà essere utilizzata nella discesa; a mio avviso nella discesa abbiamo un vantaggio, conosciamo il percorso, quindi abbiamo consapevolezza di quanto è accaduto anche se non abbiamo ancora strumenti per conoscere il resto, comunque usare le strategie della salita potrebbe essere fuorviante e perchè no pericoloso.

Quindi?

Il pomeriggio è per sua natura un momento più tranquillo del mattino, ci si può concedere pure una pausa (coffee, tea break) di riflessione per poi riprendere le attività interrotte con nuovo vigore e magari cambiare ruolo, da allievo a insegnante, il come è una nostra scelta.