Compito evolutivo, la leadership ha qualche attinenza con il compito evolutivo?
E se la sindrome da pastore maremmano fosse una qualità invece che un difetto?
Un giorno un amico, di fronte a un mio comportamento di insofferenza nei confronti di un mio capo, mi ha diagnosticato questa sindrome.

Ho cercato di trovare la relazione tra il mio comportamento e le caratteristiche di questo meraviglioso animale.

I Pastori Maremmani sono considerati dall’uomo come veri ausiliari. Ai pastori maremmani veniva chiesto prima di tutto l’attaccamento al gregge e non alla mano umana, la capacità di autodecisione per poterli lasciare soli durante le lunghe ore del pascolo ed il coraggio di affrontare l’avversario, chiunque esso fosse. Tali richieste hanno formato per generazioni il carattere del nostro bianco amico, rendendolo un ottimo guardiano, capace di autogestire le sue azioni, fino ad arrivare alla dissoluzione del suo istinto predatorio, che farebbe del suo gregge un cibo eccellente.
Totalmente avulso a questo istinto, il pastore maremmano che nasce per il lavoro, fin da cucciolo vive con le pecore e gli agnelli, integrandoli nel suo concetto di famiglia da proteggere ad ogni costo.
Più che l’uomo, con il quale non lavora sottomesso ma al fianco, è con il suo gregge che questo cane tesse una fitta rete relazionale ed affettiva.

Quindi traducento, velocità di apprendimento, capacità di discernimento, autonomia decisionale, repenti cambi di velocità, potrebbero considerarsi pregi se non mettessero in discussione la leadership di chi conduce.

Da buon Pastore maremmano, sono al tuo fianco, mi dici cosa vuoi, ma poi decido io come fare il mio lavoro!

Beh si ci siamo, a meno che non riconosca nel mio capo una vera, autentica, leadership. Nella mia esperienza professionale ho avuto la fortuna di incontrare un paio di leader veri, non avevano bisogno fosse riconosciuta niente, semplicemente erano dei leader.

Condurre persone e facilitarle nel loro percorso evolutivo. Mantenere il proprio ritmo e non seguire quello degli altri, ha caratterizzato tutta la mia vita fino ad isolarmi…

Un isolamento necessario che mi è servito a consolidare una mia precisa individualità. Ho voluto che integrità, rispetto, coerenza, diventassero alcuni dei miei fondamentali.

Obiettivo? L’amore universale? Dove per universale intendo nei confronti di chi hai accanto, del mondo che ti circonda in generale, siano persone o cose. Non devi condurre folle di persone per misurare la qualità del tuo cammino, è sufficiente aver avuto l’opportunità di aiutare una persona che ami, piuttosto che qualche amico.

Il mio obiettivo non ha mai avuto a che fare con il guadagno di denaro, ma con guadagnare valore.

Spesso mi chiedo cosa mi spinge in questa continua ricerca, che cosa mi impedisca di fermarmi.
Sto onorando la vita! Questa è la mia risposta e mi sembra un’ottima risposta. Lo sto facendo per me stessa e per le persone che mi sono vicine attraverso i talenti che la vita ha voluto donarmi. Tutto ha a che fare con la condivisione, il mettere a disposizioni chiavi di lettura e fare in modo che più persone possano esserne toccate. Saranno a loro decidere cosa farne.

Anche diventare istruttore di Viet Tai Chi corrobora questa tesi, attraverso questo gesto mi rendo disponibile a condividere qualcosa, quello che a mia volta ho ricevuto. Per fare questo mi sono preparata, ho studiato, ho sperimentato, ho fatto da apripista per poi facilitare altri in questo cammino o meglio nel loro cammino attraverso esempio e disciplina.

Credo che la cosa più importante dell’essere coach sia proprio quella di esserlo in tutte le situazioni che ti si propongono. Essere coach nell’insegnamento di una disciplina sportiva può fare molta differenza nell’evoluzione di ogni singolo allievo.
Quindi direi che seguire gli stimoli che la vita ti da, anche se al momento non comprendi, fa parte del tuo compito evolutivo e la sincronicità di eventi e incontri possono aiutarti a comprendere se quel percorso sia il “tuo” percorso evolutivo.

Se torno indietro nel tempo, a quando ho deciso di lasciare l’azienda per cui ho lavorato negli ultimi 20 anni; al pianto liberatorio misto a paura di quanto sarebbe potuto accadere…

Oggi mi rendo conto che in quel pianto si è liberata l’energia che stagnava, che non si sarebbe potuta liberare rimanendo lì.

Certo in quel momento me lo potevo permettere anche se dal punto di vista economico avrei perso qualcosa.

La realtà è che ho guadagnato invece una quantità inverosimile di opportunità, di benessere e di voglia di vivere e sperimentare.

Mi affascina tutto quello che sta accadendo e questo è anche stimolo per mio figlio, per fare in modo che possa fare un altro passo nella via della sua autonomia.

Ho la sensazione che la leadership sia un talento e che come tale possa essere strumento straordinario, la qualità di questo strumento dipenderà dall’uso che ne verrà fatto, come per tutti i talenti del resto.

Ho trovato molto interessante come abbia risposto Itay Talgam alla domanda: Se ti chiedono sulla leadership?

 

un video un po’ lungo, ma decisamente interessante.

 

Immagine del Pastore Maremmano tratta da: http://www.pastoremaremmano.it/