Stavo cercando di comprendere un po’ di più Giorgione, attraverso uno dei suoi dipinti più famosi: “I tre filosofi”. Giorgione, nativo di Castelfranco (in provincia di Treviso), ha vissuto poco più di trent’anni e lasciato poche opere, ma tutte di grande valore artistico. Tre le parole chiave che lo riassumono: colore, pittura tonale, enigma.
I suoi soggetti erano spesso ispirati a un mondo di simboli e di allegorie, che lasciano a chi guarda il dipinto la possibilità di “interpretare”.
Entro questa tendenza, si distingue per eccesso di immedesimazione in un clima umanistico tutto emblemi e simboli – più fiorentino che padovano.
MA la domanda che mi è sorta spontanea nel momento in cui, dalla ricerca è emerso che nel tempo i tre filosofi, da tali sono stati ipotizzati: astronomi, matematici, i re magi, piuttosto che tre capi religiosi…
“come interpretiamo il pensiero di qualcuno, sia che riguardi oggi o tanto tempo fa?”
Spesso pensiamo di sapere perfettamente quello che una persona prova, mettiamo in atto una lettura di pensiero che però, guarda caso, legge nella nostra mente invece che in quella di chi ci sta di fronte o da una qualsiasi altra parte.
E pensiamo che quel suo comportamento sia dovuto a questa causa, piuttosto che a un’altra…
Ma di chi? Nostra o loro?
Quando ci troviamo di fronte a cose/situazioni che non comprendiamo, nel bene e nel male, facciamo una veloce panoramica di supposizioni partendo dal nostro vissuto e dalla nostra storia personale; è molto probabile che terremo conto di una serie di informazioni utili (tipo: ambiente, periodo storico, eventi, fatti di cui parlavo prima) ma il risultato rimarrà pur sempre nella sfera delle ipotesi e delle informazioni che ci riguardano.
Siamo sicuri di conoscere il nostro interlocutore al punto di poter essere lui, lei?
Questa riflessione mi ha portato a pensare che avremmo meno possibilità di sbagliare se permettessimo alle persone e alle situazioni di “darci” tutte le informazioni possibili e le considerassimo “nuove, sconosciute”, da ascoltare in ogni minimo dettaglio.
Un ascolto oggettivo, dimenticandoci chi siamo, la nostra storia personale e le nostre conoscenze, proprio come fa un bambino.