[…] Abbiamo bisogno di uno sguardo pieno di fiducia e di amore, di un progetto carico di futuro.

[…] Il patrimonio non è un’entità amministrativa, né una categoria economica; è letteralmente, il retaggio dei nostri padri, l’eredità delle generazioni che ci hanno preceduto.

È ciò che ci definisce come famiglia, come comunità.

La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”; recita l’articolo 9 della Costituzione Italiana e si lega all’art. 1:

… “La sovranità appartiene al popolo”… perché conquistando la sovranità, il popolo acquista anche un patrimonio […]

Questo e altro ancora su:
Istruzioni per l’uso del futuro piccolo alfabeto civile:
21 idee, 21 lettere (dalla A alla Z) ognuna delle quali parla di come il patrimonio artistico e ambientale che abbiamo il privilegio di “vivere” ci riguardi e riguarderà il futuro dei nostri figli.

Tommaso Montanari in questa pubblicazione ci accompagna in un percorso di conoscenza delle ricchezze del nostro paese, denuncia inefficienze, illustra best practice e ci aiuta a prendere coscienza di una ricchezza il cui valore è spesso riconosciuto solo da altri; ci mostra come, per trasformare un paese, non bastano le nostalgie o l’indignazione, ma servono responsabilità e conoscenza.

Una lettura veramente interessante e non solo perché parla di storia dell’Arte, un argomento che amo, ma perché ha riacceso in me un pensiero sulla manifesta incapacità di noi genitori, di pensare al futuro sociale dei nostri figli.

“Il momento giusto per iniziare ad esercitare una certa influenza sul carattere di un bambino è un centinaio di anni prima della sua nascita”
William Ralph Inge

Quale tipo d’influenza potremo avere nel futuro dei nostri figli?

Quali sono i valori che stiamo proponendo? Che cosa lasceremo loro che testimoni il nostro passaggio?

Il mondo invidia la nostra cultura, viviamo in zone considerate patrimonio dell’umanità e la nostra primaria preoccupazione è di produrre profitto; vendiamo e in alcuni casi svendiamo per sanare un bilancio fatto di numeri… molto spesso questo accade per ignoranza; manchiamo di conoscenza, e se non conosciamo, difficilmente potremo attribuire un legittimo valore.

Ambiente, Bene Comune, Conoscenza, Diritti e doveri… etc. 21 idee; per evidenti ragioni di spazio, ne propongo sintetizzate solo alcune:

B: Bene comune.
Esistono cose che non hanno prezzo… il perché lo spiega bene Michael J. Sandel:
Perché preoccuparsi del fatto, che stiamo andando verso una società in cui tutto è in vendita?

Per due ragioni, una riguarda la disuguaglianza; l’altra la corruzione […] assegnare un prezzo alle cose buone può corromperle. Questo perché i mercati non distribuiscono solo beni: essi esprimono e promuovono anche determinati atteggiamenti nei confronti dei beni oggetti di scambio […] Se trasformate in merci alcune delle cose buone della vita, vengono corrotte e degradate. Dunque, per stabilire dove va collocato il mercato e a che distanza andrebbe tenuto, dobbiamo decidere come valutare i beni in questione – la salute, l’istruzione, la sfera famigliare, la natura, l’arte, i doveri civici e così via”.

In realtà gli Italiani attraverso la Costituzione hanno deciso di sottrarre: salute, istruzione, famiglia, arte e natura al potere del mercato. I sacrifici di una generazione per riscattare il proprio paese e proiettarlo nel futuro, cosa di cui noi oggi sembriamo incapaci

In un’Italia distrutta dalla guerra mondiale e dilaniata dalla guerra civile i nostri padri seppero essere così saggi e lungimiranti da includere tra i principi fondamentali dell’Italia futura il paesaggio e l’arte: e non per farne qualche soldo, ma per farne, attraverso ricerca e conoscenza, uno strumento di costruzione di una comunità nuova.”

E: Educazione
Buona parte di noi oggi, considera il patrimonio artistico come un’immensa biblioteca che parla un alfabeto ormai sconosciuto.
Sia nei programmi televisivi, sia nei giornali non c’è posto per il grande pubblico, per una storia dell’arte rivolta a cittadini in formazione permanente.

Per cambiare tutto questo è indispensabile ricominciare a educare [letteralmente tirar fuori delle persone ciò che in esse è già in potenza] gli italiani al patrimonio.

Abbiamo bisogno di ricominciare a parlare fin da bambini, la lingua che abbiamo parlato per secoli e che conosciamo meglio di tutti gli altri: la lingua delle immagini, delle forme, delle figure e dei colori.
Educare al patrimonio vuol dire prima di tutto viaggiare alla scoperta del nostro paese, e dialogare con le opere nei loro ambienti.

Ri-abilitare la capacità di leggere: natura, arte e storia che i nostri padri ci hanno lasciato come il più prezioso dei doni.

Tutto questo, senza un minimo di alfabetizzazione che solo la scuola può dare, non servirebbe a nulla. Fortemente ridotta negli istituti tecnici, la storia dell’arte è stata del tutto cancellata in quelli professionali, dove è possibile diplomarsi in: moda, grafica e turismo senza sapere chi sono Giotto, Leonardo e Michelangelo…

Più della metà dei nostri ragazzi crescerà in un radicale analfabetismo artistico; una scelta consapevole generata da una visione profondamente distorta del ruolo del patrimonio storico/artistico del paese: che non potrà essere salvato finché gli italiani non torneranno prima a saperlo leggere.

Se oggi non riusciamo a trovare qualche decina di milioni di euro per insegnare la storia dell’arte: domani ne dovremo spendere centinaia o migliaia per riparare ai danni causati dall’ignoranza generale che stiamo producendo.

Uno storico francese (André Chastel) diceva che a lungo gli italiani si riconoscevano dal fatto che sapevano come guardare un quadro: perché, a differenza dei francesi, lo studiava a scuola.
Ora che i francesi provano ad adottare il nostro modello, noi lo gettiamo alle ortiche…

Eppure educazione al patrimonio significa riaprire gli occhi, rimettere in moto il corpo, accendere il cervello; significa riprendersi una bellezza della quale abbiamo perduto le chiavi, riconquistare una felicità che abbiamo dimenticato.

G. Generazioni
Entrare in un palazzo civico, percorrere la navata di una chiesa antica, passeggiare in piazza storica o attraversare una campagna, tutto questo significa entrare materialmente nel fluire della storia.

Nel patrimonio artistico italiano si condensa concretamente e in modo tangibile la biografia spirituale di una nazione: vite, aspirazioni, storie collettive e individuali di chi ci ha preceduto, almeno in parte racchiuse negli oggetti che conserviamo gelosamente.

Tradizione culturale, patrimonio artistico e paesaggio sono il luogo dell’incontro più concreto e vitale con le generazioni dei nostri avi; in un’epoca come la nostra, divorata dal narcisismo e guidata dalle breaking news, l’esperienza del passato può essere un vitale antidoto. Nel patrimonio culturale, infatti, è visibile la concatenazione di tutte le generazioni: non solo il legame con un passato glorioso, ma anche con un futuro lontano.

Sostare nel Pantheon a Roma non è fermarsi semplicemente in uno spazio fisico un giorno occupato da Adriano o Carlo Magno; significa immaginare sentimenti, pensieri e speranze dei miei figli, dei figli dei miei figli, e di un’umanità che non conosceremo, ma i cui passi calpesteranno le mie stesse pietre…
Questo accadrà solo se le nostre scelte lo permetteranno ed è per questo che oggi chiamiamo patrimonio culturale, uno dei più potenti serbatoi di futuro, ma anche uno dei più terribili banchi di prova che l’umanità abbia mai saputo creare. La bellezza salverà il mondo?

Salvatore Settis ammonisce
“La bellezza non salverà proprio nulla, se noi non salveremo la bellezza”.

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La quarta di copertina del libro recita:

Come s’impara a essere cittadini, in Italia? Sono fondamentali la famiglia, la scuola; ma da millenni qualcos’altro ci educa a essere quel che siamo, ci lega al nostro passato e ci permette di costruire il nostro futuro: questa cosa si chiama patrimonio culturale, ed è l’altra lingua degli italiani.

Ne fanno parte il paesaggio, le opere d’arte, le biblioteche, gli archivi, i siti archeologici…

Chi lo ritiene il “petrolio d’Italia”, un magazzino di oggetti d’affittare al magnate di turno o da svendere nell’ennesima mostra-evento, è un nostro nemico: ci sta togliendo un bene primario come l’aria, ci sta privando di un diritto fondamentale come la salute e l’istruzione”.


 
ph. Amor Sacro e Amor Profano di Tiziano Vecellio